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    La preparazione della soupa barbëtta - Pranzo comunitario del 17 febbraio 2018 (Luserna San Giovanni) - Giacomo Pettenati
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    La preparazione della soupa barbëtta - Pranzo comunitario del 17 febbraio 2018 (Luserna San Giovanni) - Giacomo Pettenati
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  • 2018
 Indietro

Categoria

Riti e Pratiche Sociali

Tag

DOVE

Piemonte - Italia

QUANDO

Festività valdesi invernali: Natale, 17 febbraio.

CHI

Barolin Tatiana Barolin Tatiana
(ricercatore)
Bertin Nella Bertin Nella
(informatrice)
Besson Ada Besson Ada
(informatrice)
Bonjour Daniela Bonjour Daniela
(informatrice)
Cavaliere Mara Cavaliere Mara
(informatrice)
Eynard Walter Eynard Walter
(cuoco)
Geymet Silvia Geymet Silvia
(informatrice)
Rosso Davide Rosso Davide
(ricercatore)

Preparazione della soupa barbëtta nelle valli Valdesi

La soupa barbëtta (secondo la grafia della lingua occitana proposta negli anni ’70 dalla cosiddetta “escolo dòu Po”) è uno dei piatti tradizionali della cucina delle comunità di fede protestante valdese delle vallate della Provincia di Torino (Valli Chisone, Pellice e Germanasca). I cittadini di fede valdese sono stati confinati per secoli in quest’area montuosa che si estende dalla città pedemontana di Pinerolo fino al confine con la Francia, al di fuori della quale fino al 1848 è stato loro vietato di professare la propria fede, creando ciò che è stato definito un “ghetto alpino”.
Si tratta di una zuppa che veniva preparata nei mesi invernali, grazie alla disponibilità delle materie prime necessarie, che ha gradualmente assunto un significato rituale, associato inizialmente all’importante evento comunitario rappresentato dall’uccisione del maiale (fëstin dër courin, in occitano o festin dal crin, in piemontese), e in seguito ad altre festività, come il Natale, la Pasqua e soprattutto il 17 febbraio. Questa data ha un ruolo fondamentale nel calendario dei valdesi, in quanto celebra il riconoscimento dei diritti civili di libertà di culto nel Regno di Sardegna, grazie all’approvazione delle Lettere Patenti da parte del re Carlo Alberto, nel 1848. In occasione di questa giornata le comunità valdesi organizzano un culto (l’equivalente valdese della messa cattolica) speciale ed eventi rituali come un falò e un pranzo comunitario, di cui spesso la soupa barbëtta costituisce la portata principale. Oggi questa ricetta continua a essere preparata in occasione delle festività principali, ma anche in altri periodi dell’anno, in particolare quando le famiglie si trovano ad avere a disposizione del brodo di carne di buona qualità, dopo aver cucinato il bollito.
Il nome di questo piatto deriva dal termine barbet (o barba), che nella lingua locale significa “zio” o per estensione “persona di riguardo”, con cui venivano chiamati popolarmente i predicatori itineranti valdesi.
Una variante conosciuta del nome è quella di soupa mitounnà che richiama la francese soupe mitonnée e che fa riferimento alla modalità di preparazione di questa zuppa che non deve essere rimescolata, ma lasciata sobbollire senza quasi essere toccata.
Gli ingredienti con cui tradizionalmente veniva preparata questa zuppa sono quelli disponibili in un nucleo familiare o in una borgata di montagna nei mesi invernali e che possono essere messi a disposizione per un piatto ricco e nutriente, adatto alle giornate di festa.
In primo luogo, la carne di gallina o le ossa di maiale per la preparazione del brodo. Le ossa di maiale erano disponibili in occasione della macellazione familiare (fëstin dër courin) o in periodi successivi, grazie alla conservazione sotto sale.
Il secondo ingrediente principale del piatto era il pane raffermo, sempre presente nelle borgate alpine, grazie alla lunga conservazione del pane cotto nei forni a legna comunitari, una o due volte l’anno.
Infine, la zuppa veniva arricchita con abbondanti quantità di toma e burro – prodotti tipici della filiera del latte delle economie tradizionali di montagna – e un misto di spezie (chiodi di garofano, noce moscata, cannella, pepe). Quest’ultimo elemento costituisce una caratteristica tipica della cucina valdese, testimonianza delle forti relazioni che queste popolazioni – per lungo tempo segregate in poche valli alpine – continuavano a intrattenere con le più grandi comunità valdesi e protestanti del resto d’Europa (e.g. Svizzera, Germania, Regno Unito) e che hanno lasciato il segno in altre pratiche tradizionali legate all’alimentazione, come il rito pomeridiano del tè e la preparazione di gelatine di frutta. Le spezie erano inoltre sempre presenti in occasione della macellazione casalinga del maiale, perché venivano utilizzate per la preparazione di salami e salsicce.
La procedura di preparazione della soupa barbëtta prevedeva l’alternanza di strati di pane raffermo, di toma e di fiocchi di burro all’interno di un tegame di terracotta (detto anche basina), i quali venivano bagnati col brodo di carne, per poi essere messi a cuocere lentamente sulle braci o sulla stufa o – più di recente – sui fornelli, senza mai rimestare, ma assicurandosi solo che il brodo bagni l’intero contenuto.
In tempi più recenti la ricetta è stata modificata in alcune sue parti. Spesso alla toma viene oggi aggiunto il parmigiano (o grana) grattugiato e la cottura avviene nella maggior parte dei casi in tegami di terracotta, anziché nei tradizionali recipienti di rame.
La trasformazione più diffusa e più rilevante che questa ricetta ha sperimentato nel corso del tempo è tuttavia quella che sostituisce il pane raffermo con dei grissini, che costituiscono oggi la caratteristica distintiva di questo piatto. Questa modifica risalirebbe alla seconda metà dell'Ottocento le famiglie più benestanti, in occasione delle feste o di ricorrenze speciali, cominciarono a sostituire il pane raffermo con i grissini, ritenuti di maggiore qualità. Oggi è consuetudine ordinare presso i panifici locali grosse quantità di grissini all’acqua, in occasione delle festività – soprattutto il 17 febbraio – in previsione della preparazione della soupa.
Una diffusa variante prevede inoltre che il tegame in cui si cuoce la zuppa venga foderato di foglie di cavolo o di verza, così da aggiungere una componente vegetale al piatto.
Nei ristoranti delle valli valdesi è piuttosto comune trovare questo piatto, soprattutto in occasione delle principali festività invernali ed è talvolta parte dei menu autunnali e invernali di ristoranti e osterie di tutto il Pinerolese e delle vallate torinesi, dove viene presentata – con qualche forzatura geografica - come una ricetta della cucina tradizionale locale.
L’ampia diffusione della preparazione casalinga della soupa e l’assenza di una ricetta codificata lasciano spazio a moltissime varianti, che non intaccano tuttavia il ruolo che questo piatto svolge nell’identità collettiva degli abitanti delle vallate e in particolare delle famiglie di culto valdese.

NOTIZIE STORICO-CRITICHE

La soupa barbëtta è una ricetta casalinga della tradizione contadina montanara e, come spesso accade per il patrimonio culturale di questo tipo, non è oggetto di documenti storici conosciuti, nè la sua storia e la sua origine hanno fonti certe.
La sua presenza è tuttavia costante negli studi sul patrimonio culturale alimentare valdese ed è riconosciuta in maniera unanime come uno dei piatti tradizionali della comunità.
In particolare, è forte il legame tra questo piatto e il rito della macellazione familiare del maiale (fëstin dër courin, in occitano o festin dal crin, in piemontese), in occasione della quale veniva preparata come piatto corroborante del pasto di mezzogiorno, approfittando dell'abbondanza di ossa e ritagli dell'animale appena macellato, usati per la preparazione del brodo.
Secondo alcune fonti (Eynard ed Eynard, 1996), risalirebbe alla seconda metà dell'Ottocento la principale evoluzione di questa ricetta, ovvero la sostituzione del pane raffermo - presente in abbondanza nelle case contadine di montagna - con i grissini, ingrediente di estrazione più urbana e borghese.

APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE

La trasmissione della ricetta della soupa barbëtta avviene per via diretta all'interno delle famiglie, oppure collettivamente nell'ambito della preparazione dei pranzi comunitari. Esistono di conseguenza innumerevoli varianti delle modalità di preparazione di questo piatto, relative all'utilizzo di alcune materie prime (pane o grissini, parmigiano, foglie di cavolo o di verza, tipologia di spezie utilizzate, etc.) oppure agli strumenti di cottura (un tempo tegami di rame, oggi di coccio, alluminio o acciaio).
In tempi recenti, tuttavia, sono stati effettuati alcuni tentativi di definire con maggiore precisione la ricetta tradizionale della soupa barbëtta, soprattutto nell'ambito delle ricerche sul patrimonio culinario valdese svolte da Walter Eynard e Gisella Pizzardi, a lungo gestori e chef di ristoranti del luogo.

COMUNITÀ

Secondo tutte le fonti, orali e scritte, reperite sul tema, la soupa barbëtta è considerata uno dei piatti simbolo delle comunità valdesi radicate da secoli nelle vallate del Pinerolese. Il suo stesso nome - l'attributo barbëtta deriva da barba, termine con cui tradizionalmente erano chiamati i pastori itineranti valdesi - identifica in maniera immediata questo piatto tradizionale con un gruppo culturale e religioso.
Attualmente questo piatto fa parte del patrimonio culturale collettivo, tanto alla scala familiare - come piatto delle occasioni speciali e delle feste - quanto alla scala comunitaria, rappresentando in molti casi una delle portate principali dei pranzi comunitari che vengono organizzati dai templi valdesi in occasione delle celebrazioni del 17 febbraio. In quest'occasione la preparazione della soupa è affidata a membri della comunità (nella maggior parte dei casi donne) che usando spazi privati o comunitari preparano il pranzo per tutti i fedeli che partecipano al culto mattutino.
La soupa barbëtta è parte anche dei menu tradizionali di molti ristoranti delle vallate del Pinerolese, che la propongono nei mesi invernali e in particolare in occasione delle festività valdesi: Natale, 17 febbraio e Pasqua.

AZIONI DI VALORIZZAZIONE

La valorizzazione della soupa barbëtta avviene soprattutto in maniera naturale e informale, attraverso la condivisione della sua preparazione e del suo consumo in occasione delle festività valdesi.

Per sapere di più

Bibliografia

  • Bruno Vittorio Chiaffredo
    Pane Quotidiano
    Alzani 2014
  • Pizzardi Gisella, Eynard Walter
    Supa barbetta e altre storie
    Vivalda 1996
  • Gosso Elisa
    La Beidana - La cucina delle Valli Valdesi. Dimensioni simboliche e culturali del cibo nella storia valdese
  • Eynard Walter, Pizzardi Gisella
    La cucina valdese
    Claudiana 2006

A cura di

Dislivelli - - Giacomo Pettenati

Supervisore scientifico

Giacomo Pettenati

Data di pubblicazione

15-NOV-2018 (Giacomo Pettenati)

Ultimo aggiornamento

28-SEP-2019 (Agostina Lavagnino)

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