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Stua al Muvis - Maria Beatrice Servi
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Rosone in legno sul soffitto di un ambiente del Museo della via Spluga - Edoardo Bricchetti
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La stua tra artigianato e arte - Sabrina Basilico, Luca Boriani
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Soffitto ligneo intagliato di Palazzo Vertemate Franchi - Maria Beatrice Servi
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Stua all'internod di Palazzo Vertemate Franchi - Maria Beatrice Servi
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2009
2011
2012
Stüa in val San Giacomo
(Stüa)
La fabbricazione di pannellature in legno per la coibentazione interna degli edifici è una modalità di arredo diffusa nell'arco alpino, testimoniata almeno dal XVI secolo, ancora molto presente in Val San Giacomo, in ambienti sia antichi o vecchi sia, più limitatamente, in ambienti moderni e contemporanei. La stüa, insieme alla pigna (corpo scaldante in muratura), costituiva l'unica vera stanza calda non solo della casa, ma anche di ambienti di uso pubblico (locali di riunione, locande, osterie, ecc). Il suo utilizzo è andato modificandosi e riducendosi ovviamente in rapporto al mutare delle tecnologie costruttive e impiantistiche dell'edilizia, ma è ancora molto diffuso e si ripresenta oggi come elemento di grande interesse a fronte dei problemi contemporanei di contenimento dei consumi energetici.
La stüa è all'origine una 'scatola nella scatola', ovvero un rivestimento autoportante collocato all'interno di locali in pietra, materiale principe dell'edilizia tradizionale in valle. La foderatura lignea non aveva contatto fisico con la muratura in pietra; si sfruttava così la camera d'aria tra legno e pietra per evitare ponti termici, eventualmente costipando gli interstizi con paglia o foglie secche. Questa tecnica richiedeva alti spessori delle tavole in legno (6 cm. in media) e comportava alti costi ma anche durata pressoché perenne del prodotto. Dall'800, con la diffusione delle murature intonacate, la stüa viene costruita come rivestimento sostenuto da listelli in legno fissati al muro (in analogia con la tecnica di realizzazione del parquet tradizionale), che ammette minori spessori delle tavole, ma provoca anche una interdipendenza tra muro e fodera interna. Ne consegue che spesso l'umidità trattenuta nei muri viene trasmessa ai listelli e ai rivestimenti lignei, generando il formarsi di marcescenze. Recano spesso simboli intagliati ripetuti (la stella, la rosa a sei punte, la ruota: simboli astrali o solari, auguri di fortuna, protezione, prosperità, le croci, delle quali non occorre spiegare la carica simbolica). E, ancora, cuori, piante fronzute, altri fiori, impronte di mani o piedi, teste umane…su ante di finestre, di armadi, su testiere di letti, culle, cassepanche.
Oggi in valle esiste ancora un buon numero di stüe vecchie, che motivano la permanenza di abilità tecniche per il restauro e adattamento forse più che per la costruzione di nuove stüe.
Le stüe sono un buon indicatore del livello non solo tecnico, ma anche culturale, artistico, economico dei territori di riferimento, al punto da entrare a buon diritto nel novero dei beni culturali della cultura alpina. Non a caso ne esiste una significativa rappresentanza in diversi musei alpini di storia locale.
NOTIZIE STORICO-CRITICHE
La stüa è presente in molte valli alpine, come retaggio si una cultura ampiamente diffusa e condivisa.
Remo Bracchi, professore di glottologia e specialista di dialetti, a proposito del termine: "Il termine sc'tùa 'stanza foderata in legno, mantenuta calda dalla presenza della stufa in muratura, la pìgna', che qualche autore vorrebbe derivare direttamente dal ted. Stube 'stanza riscaldata', è attestato come continuatore di un'eredità autoctona lungo l'intero arco della parabola documentaria nelle sue diverse variazioni stup(h)a, stufa, stuva, sulla base delle quali è da interpretarsi come un deverbale del lat. tardo extupare 'riscaldare a vapore, esalare fumo', dal gr. thyphos 'fumo, vapore'" (in Bormio.lombardiastorica.it).
In Val San Giacomo la stufa, di dimensioni variabili in rapporto a quelle del locale, è chiamata pigna e realizzata in muratura di pietra intonacata o rivestita, di forma esterna cubica, sulla quale è possibile stendersi o sedersi senza scottarsi, potendo sfruttare il calore diffuso dal materiale inerte.
Le stüe, pur essendo costituite "su misura" e perciò legate alle dimensioni degli ambienti che le contenevano, furono quasi sempre considerate come beni mobili e, di conseguenza, smontate, trasferite, vendute e persino distrutte per realizzare mobili "antichi".
La stùa era l'unico locale dell'abitazione esente da fumi e di temperatura gradevole anche nei periodi più rigidi, grazie sia alla presenza della pigna sia alla favorevole esposizione verso sud. Generalmente posta accanto alla cucina, era il cuore della casa: luogo di giochi di bimbi, di riposo di uomini dopo le dure attività agricole e boschive, di lavori di donne come la filatura, di racconti di vecchi affabulatori e di discreti corteggiamenti di giovani pretendenti.
In Valchiavenna, con le diramazioni di Val San Giacomo e Val Bregaglia, la stüa è parte integrante dell'abitazione tradizionale, che si mantiene viva. Nonostante i mutamenti delle tecniche edilizie contemporanee, la foderatura lignea dei locali di soggiorno è ancora praticata, anche se con modalità diverse da un tempo. Esempi significativi di stüe originali si trovano a Fraciscio (ca' Bardassa e casa natale di don Guanella ora musealizzate, ma anche in abitazioni private), Campodolcino (presso MuViS e ancora presso privati), a Piuro (rilevantissima quella di palazzo Vertemate Franchi, ora casa museo).
APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE
I Guanella proseguono il mestiere di famiglia in terza generazione. Il laboratorio fu avviato dal nonno paterno dopo la prima guerra mondiale: nel 1954 il padre ampliò il laboratorio divenendone l'erede, nel 1986 i fratelli Guanella hanno ulteriormente ampliato il laboratorio, dotandolo dei mezzi tecnologici necessari a svolgere un mestiere che guarda al futuro insieme alla tradizione. Fiorenzo, il maggiore dei due, ha acquisito il mestiere in bottega; Pio ha affiancato a questo tirocinio lo studio all'Istituto Professionale per l'Industria e l'Artigianato di Tirano.
AZIONI DI VALORIZZAZIONE
Vi è testimonianza della stüa come tipologia tradizionale di arredo anche nel locale museo di valle, il MuViS, dove sono state ricollocate e restaurate 5 stüe di fattura databile tra il '600 e l'800. Anche nella frazione di Fraciscio sono conservate stüe in abitazioni private, nella casa-museo detta Ca' Bardassa, datata del XVII secolo; in Val Bregaglia è da menzionare la stüa del Palazzo Vertemate Franchi di Piuro, ora casa museo di proprietà del comune di Chiavenna
MISURE DI SALVAGUARDIA
L'accurato smontaggio, ricollocazione in MuViS e parziale integrazione delle parti ammalorate di stüe provenienti da Campodolcino e da Fraciscio, ad opera dei citati Guanella e di Massimo Lucchinetti (con laboratorio in Piuro), sono la misura adottata per salvaguardare questi arredi, altrimenti destinati alla demolizione insieme alle dimore fatiscenti in cui erano collocati (ora demolite)
Beni immateriali collegati
Construction de la cuisinière dite "pigna" à Val San Giacomo
Costruzione della stufa detta 'pigna' in Val San Giacomo
Per sapere di più
Siti web
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Mu.Vi.S, Campodolcino - Museo della Val Spluga e della Val San Giacomo
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Remo Bracchi, "Il dialetto bormino nei documenti di archivio"
Bibliografia
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La stua nella Rezia italiana
Edizioni World Images 2011
A cura di
Politecnico di Milano - Dipartimento di Progettazione dell'Architettura - Fulvia Premoli
Supervisore scientifico
Fulvia Premoli
Data di pubblicazione
16-APR-2012 (Fulvia Premoli)
Ultimo aggiornamento
12-MAR-2015 (Fabia Apolito)
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