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2018
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Categoria
Natura e UniversoTag
DOVE
Bema (SO), Lombardia - Italia
La salita all’alpeggio della mandria di vacche dei fratelli Curtoni inizia i primi di giugno, con partenza dalla stalla di Traona, e una sosta di 10/15 giorni al maggengo di proprietà a Taida, in comune di Bema, sosta ridotta a una sola settimana per le vacche da latte. Verso la metà di giugno la mandria sale alla Casera del Dosso Cavallo (m. 1500) ai piedi dell’alpeggio, dove si ferma per 15 giorni circa, poi solo per qualche giorno al piccolo alpeggio di Selvapiana (m. 1800), per proseguire infine per l’alpeggio di Vesenda alta (m. 1700) nella valle di Albaredo, dove rimane 50 giorni. Intorno alla prima settimana di settembre la mandria scende nuovamente all’alpeggio di Selvapiana dove si ferma per 5 giorni circa, poi altri 5 alla Casera, per scendere infine al maggengo, e di lì a Bolgia. Per scendere occorre un’ora e mezza circa dall’alpeggio al maggengo, poi altre 4/5 ore dall’ultimo maggengo fino a valle. Gli alpeggi di Selvapiana e di Vesenda non sono serviti da alcuna strada.
QUANDO
Estate
CHI
Alpeggio Alpe Dosso Cavallo in Val Gerola
L’alpe Dosso Cavallo rientra nel territorio del Comune di Bema,(SO) nella valle del Bitto di Gerola. La quota media dell’Alpe è di 1850 m. Ci si arriva dalla Valle Bomino, laterale della Val Gerola, con 8 km di fuoristrada e un’ora circa di percorso a piedi. E’ un’area pascoliva di media estensione e di accentuata pendenza (42%), ricca di faggete e lariceti misti ad abete rosso nella parte bassa che precede l’alpeggio. La vista si apre sulla valle di Pescegallo, la valle di Bomino,e il versante ovest della valle del Bitto di Gerola. Di proprietà regionale, gestita da Ersaf, è assegnata in concessione alla Società Taida dei fratelli Olimpio e Eligio Curtoni con sede a Bolgia, in Comune di Traona. Con loro lavora in alpeggio, da quest’anno per tutta la stagione, anche un terzo fratello, Antonio.
Comprende i fabbricati della Casera, a quota 1600 m., e di Selvapiana, a quota 1.800, ambedue dotati di locali separati per la lavorazione del latte e per il ricovero dell’alpeggiatore. L’ alpeggio di Selvapiana, ospita anche una stalla per mucche e capre in caso di pioggia. Originari, ma sempre tenuti in buono stato di manutenzione, sono i muretti che delimitano le aree di pascolo, denominati barech, un tempo usati per delimitare il pascolo giornaliero, ora sono quasi ovunque sostituiti dal ‘filo’ messo e tolto mattina e sera per cambiare recinto.
L’alpeggio carica in tutto 56 mucche, di cui 36 da latte, e una ventina di capre, oltre a una quarantina di capre di altri proprietari. Le capre vanno in asciutta verso fine settembre ma rimangono al maggengo fino a novembre; d’inverno mucche e capre sono ospitate in due diverse stalle a Bolgia (Comune di Traona).
In alpeggio vengono prodotti Bitto DOP e ricotta, in valle latteria magro, casera semigrasso e burro. Le mucche si nutrono solo di erba, con un po’ di sale in aggiunta, senza alcuna integrazione di mangime. La prima mungitura di mucche e capre avviene alle 6 del mattino e impegna tutti e tre i fratelli per circa un’ora. Immediatamente dopo la mungitura si lavora il latte per fare il formaggio; le stesse operazioni si ripetono intorno alle 17.30/18.30. Il formaggio viene lavorato alla Casera e nelle baite e non più nel calech; questo perché in primavera, quando il latte è abbondante, si munge con la mungitrice e nei calech non c’è abbastanza spazio per ospitarne i secchi e le altre attrezzature. Inoltre al calech non arriva l’acqua che arriva invece alla Casera. Ogni giorno Il formaggio e la ricotta lavorati a Selvapiana o a Vesenda vengono portati in moto alla Casera dove è il locale per la stagionatura. La ricotta, che è un prodotto fresco che non deve essere stagionato, viene portata in paese una volta alla settimana.
A inizio stagione si producono due forme la mattina e due la sera; alla fine della stagione, quando il latte è più scarso, quello del pomeriggio non viene lavorato ma lasciato nel bidone e lavorato la mattina seguente.
In una stagione si producono circa 200 forme di 10-12 kg l’una, quelle che riescono meglio per forma, crosta, colore, si fanno stagionare anche per 10 anni e sono le più pregiate. Il Bitto viene marchiato a fuoco dopo 70 giorni, a seguito di richiesta al Consorzio che invia un addetto alla casera per controllare che i registri di produzione e la data sulla forma abbiano rispettato i tempi e la marchiatura; nel caso che la forma non abbia lo scalzo (il lato della forma che deve essere incavo) o sia sotto gli 8 kg, non viene marchiato. Lo scalzo (che si realizza con la fascera) è una caratteristica tipica delle forme di Bitto. Non viene prodotto formaggio di capra, il latte di capra si usa in parte per la ricotta, in parte per fare il Bitto. Per il Bitto nella percentuale del 10%, che equivale al latte di una mucca più quello di una capra.
Le forme vanno girate un giorno sì e un giorno no, da ottobre in poi anche solo due volte alla settimana. I Curtoni hanno un secondo locale di stagionatura a Gerola, dove le forme si conservano molto bene.
I salumi invece vengono prodotti solo per uso familiare; i maiali vengono presi ad ottobre quando si scende dall’alpeggio e macellati in inverno.
NOTIZIE STORICO-CRITICHE
I primi cenni all’alpe Dosso Cavallo si trovano in alcuni documenti notarili del Trecento: risulta che l’alpe è stata a lungo divisa in due, rispettivamente di sopra (detta anche mons de Silvaplana) e di sotto. Nel Seicento l’alpe viene acquistata dalla chiesa di Gerola che compie diversi interventi per darle una struttura unitaria e che la concede in affitto agli alpeggiatori dettando precise condizioni per il suo utilizzo: l’obbligo a cambiare spesso il luogo di stazionamento della mandria per concimare meglio il pascolo, e l’impegno a realizzare lavori di miglioramento. Con la proclamazione del Regno d’Italia e il conseguente passaggio dei beni ecclesiastici allo Stato, anche l’alpe Dosso Cavallo viene messa all’asta e venduta nell’anno 1873 con una capacità di 70 mucche da latte e altrettante capre e una consistenza pari a tre quinti di pascolo e due quinti di bosco. Nei primi anni ‘70 del Novecento, l’Alpe Dosso Cavallo è stata acquistata dalla Regione che l’ha assegnata in concessione a Ersaf; dal 1976 è monticata dalla famiglia Curtoni.
APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE
I tre fratelli, fin da giovanissimi hanno appreso dal padre le tecniche tradizionali di lavorazione del latte e di conduzione dell’alpeggio, di cui continuano a curare la manutenzione del pascolo e delle strutture, nonostante le condizioni di difficile accessibilità. Nel tempo la lavorazione del latte si è modernizzata, ora quando la produzione è maggiore, si munge a macchina, mentre quando il latte cala si torna alla tradizionale mungitura a mano.
La tradizione viene rispettata anche nell’uso degli utensili per la lavorazione del formaggio, che sono tuttora designati con termini propri della valle. Di seguito alcuni dei più comunemente utilizzati. Culdera: grande recipiente di rame a forma di campana rovesciata per riscaldare il latte, che può pesare anche 35/40 kg; Scagn: sgabello monogamba per la mungitura; Sidér: secchio; Ségia: secchio in legno; Spino o spign: bastone in legno dotato di fili metallici all’estremità che permettono di rompere la cagliata; Rovello o rosello: sorta di rotella in legno che una volta si usava per agitare il latte, ora sostituita da un attrezzo elettrico; Fascere: fasce in legno circolari di diametro regolabile di circa 50 cm, che conferiscono il caratteristico scalzo concavo; Garocc o garott: recipiente per la mascherpa; Patta e pattin: teli di canapa per estrarre la pasta di formaggio, a trama più grossa il primo, più fitta il secondo, ora sostituiti da quadrati di plastica; Tighel: recipiente in legno in cui si metteva frutta acerba e siero, l’acido che ne derivava serviva per fare la ricotta.
COMUNITÀ
La malga Dosso Cavallo fa parte dell’esteso sistema territoriale di alpeggi che Ersaf gestisce per conto di Regione Lombardia. Il riconoscimento della funzione sia ambientale che socio-economica degli alpeggi, il ruolo di custodi del territorio e delle tradizioni locali affidato agli alpeggiatori, le caratteristiche di multifunzionalità che vengono loro richieste, contribuiscono a creare una comunità di operatori stimolati alla consapevolezza del valore del patrimonio in gestione, alla conservazione della natura e del paesaggio, alla valorizzazione delle produzioni locali e tipiche di qualità. Gli obiettivi generali e specifici da perseguire, gli adempimenti che gli alpeggiatori devono assolvere, ma anche gli oneri a carico dell’ente gestore, sono definiti dal contratto e dal capitolato di concessione che contengono altresì modalità per la valutazione annuale della qualità gestionale nonché disposizioni per il riconoscimento di premialità in relazione al raggiungimento da parte del concessionario degli obiettivi concordati, ulteriori elementi che danno unità e continuità al sistema.
AZIONI DI VALORIZZAZIONE
L’Alpe Dosso Cavallo è interessata da alcuni sentieri tematici, iniziative di promozione, realizzati in anni recenti dal Parco delle Orobie Valtellinesi, dall’Ecomuseo della Val Gerola e da Ersaf.
MISURE DI SALVAGUARDIA
Il Contratto di Foresta Val Gerola, sottoscritto nel 2014 da ERSAF, promuove una gestione unitaria degli alpeggi, attraverso una programmazione comune degli interventi e la valorizzazione comune delle strutture d’alpe. Definisce un modello di riqualificazione ambientale basato su appropriate strategie per la salvaguardia, la conservazione e lo sviluppo sostenibile dell'ambiente montano, dell'eredità culturale del territorio, oltre all'opportunità di sviluppo delle popolazioni locali.
Inoltre dal 1995 è attivo il Consorzio per la Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto, che opera per tutelare e promuovere sul mercato nazionale ed internazionale l'unicità dei formaggi DOP valtellinesi. Grazie ad una serie di controlli sull’intera filiera, tutte le forme vengono esaminate una ad una: solo le forme che possiedono le caratteristiche di qualità e tipicità previste dal disciplinare di produzione ottengono il marchio a fuoco del Consorzio e possono essere commercializzate come tali. I soci del Consorzio, che appartengono alle filiere produttive del Bitto e del Valtellina Casera, sono allevatori, produttori e stagionatori, piccole e grandi aziende zootecniche, latterie di paese e moderni caseifici. Dal 1996 i formaggi Valtellina Casera e Bitto hanno conseguito la DOP: la loro produzione segue ritmi, saperi e regole ben precise dettate dai disciplinari di produzione, a garanzia dell’origine e dell’unicità di questi formaggi. L'ente certificatore a garanzia del consumatore è dal 1998 il CSQA di Thiene, società di certificazione accreditata nel settore agroalimentare.
Per sapere di più
Beni materiali
Il territorio dell’alpeggio è caratterizzato dalla presenza di alcuni edifici e manufatti rurali. Tra questi il calech’, emblema dell’alpicultura delle Valli del Bitto, che tuttavia negli alpeggi di Selvapiana e Vesenda alta non viene più utilizzato perché privo d’acqua e scomodo da raggiungere. Sono presenti alcune baite, resti di fontane di abbeverata e di barèch, sorta di recinti costituiti da muretti a secco, più o meno regolari, che delimitavano “il pasto” di una giornata di malga. Questa suddivisione permetteva di sfruttare razionalmente il pascolo, spostando il bestiame da un barèch all’altro, restando prevalentemente all’aperto. Degno di nota, sul versante sud-orientale del dosso di Bema, presso l’alpe Vesenda bassa è l’abete di Vesenda (avèzz de Üusénda), uno dei più begli alberi monumentali della provincia, un abete bianco (abies alba) di età stimata dai 300 ai 350 anni e dalle dimensioni imponenti (38,50 metri di altezza, 5,65 metri di circonferenza, 1,79 metri di diametro a petto d'uomo).
A cura di
ERSAF - Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle Foreste - - Martina Nessi
Data di pubblicazione
18-FEB-2019 (Martina Nessi)
Ultimo aggiornamento
24-OCT-2019 (Fabia Apolito)
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