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    Antico fornetto walser in pietra ollare - Maria Anna Bertolino
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    Pietra ollare conservata al Museo Archeologico di Malesco - Maria Anna Bertolino
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    Fontana in pietra ollare nella piazza del Municipio di Malesco - Maria Anna Bertolino
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    Vasca dell'antica latteria sociale di Malesco in pietra ollare - Maria Anna Bertolino
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    Fontana in pietra ollare nel centro storico di Malesco - Maria Anna Bertolino
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    Blocco di pietra ollare sfruttato per l'estrazione di laveggi - Maria Anna Bertolino
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    Passaggio della pietra nella macchina a filo diamantato - Maurizio Besana
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    Pietra ollare - Maurizio Besana
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    Macchina con il filo diamantato - Maria Anna Bertolino
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    Macchina con il filo diamantato - Maria Anna Bertolino
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    Blocchi di pietra ollare pronti per essere lavorati - Maria Anna Bertolino
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    Piastra per la cottura dei cibi in pietra ollare - Maurizio Besana
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    Piastra per la cottura dei cibi in pietra ollare - Maurizio Besana
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    Stufa moderna in pietra ollare - Maria Anna Bertolino
  • 2012
    2013
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Categoria

Saperi Tecnici e Artigianali

Tag

DOVE

Masera (VB), Piemonte - Italia

CHI

Ditta Prini Graniti Ditta Prini Graniti
(imprenditore)
Minacci Laura Minacci Laura
(informatore)

Lavorazione della pietra ollare in Valle Vigezzo

(Laugera - Leuzerie)

La Valle Vigezzo, in particolare il comune di Malesco, al confine con la Val Grande, è costellata di piccoli giacimenti di pietra ollare, sfruttati sin dall'antichità.
L'uso della pietra ollare, un tempo come oggi, è particolarmente indirizzato a strutture per un prolungato contatto col fuoco, quali stufe (chiamate localmente pigne o fornetti), camini, imboccature di forni e piastre per la cottura degli alimenti.
Un tempo la pietra ollare, data la sua duttilità, era impiegata per la fabbricazione dei laveggi (levez o laviz), caratteristico pentolame di pietra che veniva utilizzato per scaldare le vivande ed il cui uso in epoca celtica e romana è attestato da ritrovamenti archeologici.
La facilità nella lavorazione ha reso la pietra ollare ideale per la produzione di macine di mulini, colonne, capitelli, architravi, fontane, pavimenti, tubazioni, vasi e contenitori, battisteri, obelischi.
 Non mancavano poi le vasche, fontane e lavatoi in laugera ma anche tubature, condotte, sculture ed architetture della sfera religiosa,  data la sua facilità di intaglio e di lavorazione. Uno dei mestieri sviluppatisi in valle è stato quindi l'antico mestiere dello scalpellino (scherpelin).
L'attività estrattiva era molto pericolosa per ubicazione e per la fatica che comportava.
Si procedeva individuando l'affioramento di roccia ed estraendo un blocco che spesso raggiungeva gli 80 kg di peso, battendo con martello e scalpello la roccia. Esso era destinato a manufatti da tornire sul momento ma in loco potevano anche essere ricavate le lastre per elementi come camini e stufe.
Le operazioni di stacco comportavano la definizione dei contorni, successivamente si scavava il contorno del blocco fino ad una profondità di 20/30 cm e si operava lo stacco attraverso l'inserimento di cunei.
Una volta staccato il blocco occorreva trasportarlo. La pietra ollare è una delle varietà di pietra più pesanti e il trasporto alla torneria avveniva prevalentemente a spalla, a volte aiutandosi con la caula, supporto a spalla impiegato anche per il trasporto del legname. Altre volte si optava per trascinare il blocco o ci si aiutava con le slitte.
Tali operazioni erano concentrate nel periodo estivo, mentre la lavorazione era destinata al periodo invernale.
La lavorazione di laveggi e di pentole cilindriche avveniva con l'ausilio del tornio idraulico, sistemato con cunei di legno all'altezza adatta alla lavorazione del pezzo, fissato all'asse di rotazione mediante un supporto conico in legno.
Si procedeva riscaldando al fuoco il blocco di pietra ed incollandolo al supporto ligneo, che ne dava successivamente la forma, con della resina calda. Il supporto veniva inserito nell'asse di rotazione del tornio.
L'artigiano iniziava la lavorazione praticando il dirozzamento esterno, livellando la superficie con un lungo ferro raschiante.
Il blocco era cerchiato con anelli di ferro regolabili per evitare che si formassero delle fessurazioni durante la lavorazione. L'artigiano procedeva poi scavando le pareti con verghe diritte ed il fondo con verghe ricurve, misurando la profondità con un calibro.
Il recipiente così creato veniva poi liberanto del nucleo interno con un colpo ben assestato, procedura rischiosa che poteva compromettere la buona riuscita della lavorazione. Successivamente veniva levigato anche all'interno e, infine, cerchiato con fasce di rame.
Lo scarto del nucleo, detto carota, veniva tornito a sua volta per ricavare altri laveggi di misura sempre inferiore, fino al laveggio da caffè, il più piccolo.
Attualmente, andato scomparendo l'antico mestiere manuale dello scalpellino, la pietra ollare locale viene estratta e lavorata con i più moderni strumenti e macchine per la lavorazione della pietra. Non sono poche le aziende di estrazione e lavorazione del materiale lapideo locale, che contempla anche la beola e il serizzo, che si avvalgono delle moderne strumentazioni. La ditta Prini Graniti di Masera, a conduzione familiare, si è specializzata negli anni nella lavorazione di pietra ollare per produzione di stufe e piastre di cottura.
Oggi la pietra ollare, i cui giacimenti non sono più abbondantissimi, viene estratta in prevalenza in Valle Loana, vicino a Malesco. Per la pietra ollare non si può parlare di fronti di cava unico come per altre estrazioni ma, per la sua conformazione geologica, si ritrovano giacimenti sparsi composti da più o meno grandi massi, alcuni di questi affiorano in superficie per la minima parte. Si fa quindi richiesta per l'estrazione di volta in volta, e possono trascorrere anche 4 o 5 anni per avere la concessione.  Si procede trasportando la macchina per l'estrazione a filo diamantato montata in loco. Tale strumentazione è formata da una cortina metallica in cui vi è fatto passare del filo (cavetto di 5 o 8 millimetri di diametro che presenta dei piccoli cilindri di acciaio ai quali sono state applicate delle perline di diamante sintetico sulla superficie) e viene usata per il taglio dei blocchi per i quali non potrebbe essere utilizzato l'esplosivo data la tenerezza della pietra.
Il blocco viene trasportato in laboratorio, a Masera, e qui lavorato sfruttandone le scanalature naturali per ulteriori tagli.
In questa fase si può utilizzare sia il filo diamantato sia il cemento dilatatore che viene fatto colare nelle intercapedini e, indurendosi, spacca il pezzo: la pietra ollare ha infatti molte rotture naturali. Una volta ottenuti i blocchi si procede con la lavorazione e il perfezionamento: la pietra viene lucidata o spazzolata per ottenere un prodotto di colore più scuro mentre viene bocciardata o sabbiata per lasciarla chiara a seconda del prodotto finale da ottenere e della richiesta del mercato. In particolare i fornetti, le stufe tradizionali in pietra ollare, stanno ritrovando un rilancio dato dal nuovo mercato delle stufe, apprezzate anche nell'arredamento moderno. Mentre l'altro utilizzo, indirizzato alle bistecchiere e alla cottura di verdure e pesce, sono oggi usate per ottenere una cucina dietetica e senza grassi. La base di pietra ollare viene infatti riscaldata in forno e disposta su un piano in cui vengono appoggiati gli alimenti che cuociono grazie al calore rilasciato gradualmente e, soprattutto, mantenuto a lungo dalla pietra.

NOTIZIE STORICO-CRITICHE

La pietra ollare (da olla, pentola), è una pietra verde - detta anche serpentina - , duttile e malleabile composta in prevalenza da silicati uniti a carbonati. Essa si incide facilmente appena estratta, per poi indurirsi all'aria asciugandosi e invecchiando. E' una roccia rara, che si ritrova in entrambi i versanti delle Alpi poichè, pur trattandosi di una roccia antica, essa è stata riportata in superficie grazie ai movimenti verticali della crosta terrestre che hanno portato all'orogenesi alpina.
Il suo utilizzo è attestato sin dalla Preistoria sia come base per l'arte rupestre - incisioni e coppelle - sia nella creazione di manufatti, sia come supporto nella produzione di questi. Particolarmente interessante è la forma di fusione ritrovata a Toceno per la realizzazione di spilloni a capocchia globulare datata intorno al 1000 a.C.
Tuttavia è soprattutto in epoca romana che l'utilizzo della Leuzerie locale si diffonde in quanto viene particolarmente apprezzata per le sue proprietà di lavorazione. Con essa i Romani procedevano nella creazione di contenitori da tavola e da cucina, i quali venivano già torniti - oltre che scavati - nella pietra locale.
La tornitura si affermò come tecnica tra il IV e V secolo d.C. quando il pentolame tornito venne destinato anche al commercio e all'esportazione, e non solo più per una produzione locale.
La tenacità e la facilità di lavorazione della serpentinite ha favorito il suo utilizzo, dalla Preistoria fino al Medioevo, anche nell'ambito del sacro. Dopo la preistoria ha continuato ad essere impiegata nella suppellettile di culti pagani, come dimostra il mascherone di Dresio a Vogogna, e nell'arte sacra di numerose chiese e luoghi di culto in tempi più recenti: il decoro architettonico di molte chiese romaniche è composto infatti da sculture in pietra ollare così come croci votive e cornici architettoniche giunte sino a noi dimostrano un'arte dell'intaglio della pietra con motivi e decori simili a quelli riscontrabili nell'intaglio ligneo.
 In Valle Vigezzo, inoltre, è ricca la presenza di pietra ollare nell'architettonica locale, rintracciabile ancora nei tetti, nei colonnati, nei sentieri, nelle fontane e negli interni di case.

APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE

L'attuale lavorazione della pietra ollare locale viene condotta dall' azienda di estrazione e lavorazione di pietre e graniti Prini la quale utilizza anche la pietra ollare per un segmento di mercato di nicchia.

COMUNITÀ

In Ossola prodotti quali i fornetti sono particolarmente apprezzati dalla popolazione locale, la quale li predilige come sistemi di riscaldamento. Il mercato quindi si basa in prevalenza su una richiesta locale ma, negli ultimi periodi, si sta allargando dato il mutare delle richieste e dei gusti in fatto di arredamento.
Se i fornetti tradizionali sono chiusi ( a volte con un'apertura ma comunque molto piccola), oggi le richieste vertono su un prodotto che lasci intravedere il fuoco, perchè considerato esteticamente migliore, con la necessità quindi di produrre fornetti che si distaccano dalla tradizione e si avvicinino ai gusti del mercato anche se questi comportano una resa minore (il principio del fornetto è quello di sfruttare l'intera superficie di pietra che deve essere spessa e unita in modo da usare il più possibile il principio refrattario del calore condotto dalla combustione).

AZIONI DI VALORIZZAZIONE

il Museo archeologico della pietra ollare del Parco Nazionale Val Grande, costituito dal Comune di Malesco in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, è situato a Malesco e traccia la più antica storia dello sfruttamento di questo minerale nel territorio del parco ospitando testimonianze che partono dalla preistoria e si fanno particolarmente ricche per l'epoca romana, dimostrando il progressivo sfruttamento dei giacimenti di pietra ollare.
L'ecomuseo "Ed leuzerie e di scherpelit", istituito dalla Regione Piemonte nel 2007, propone un percorso ecomuseale all'aperto con tappe che si incentrano sugli antichi giacimenti ancora visibili nel territorio del parco con la caratteristica di essere stati scavati manualmente dagli abitanti.

Per sapere di più

Siti web

Bibliografia

  • Pollini Giacomo
    Notizie storiche, statuti antichi, documenti e antichità romane di Malesco comune della Valle Vigezzo nell'Ossola..
    Grafiche San Felice 1995

A cura di

ITALIA Regione Piemonte - Settore Musei e Patrimonio Culturale - Maria Anna Bertolino

Supervisore scientifico

Bonato Laura

Data di pubblicazione

25-FEB-2013 (Maria Anna Bertolino)

Ultimo aggiornamento

22-MAR-2015 (Fabia Apolito)

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